L’aceto balsamico non è solo un condimento unico nel suo genere, in grado di impreziosire piatti di ogni tipo, è parte stessa del territorio estense, legato indissolubilmente alla sua gente ed alla sua storia. Fino al XIX secolo non esisteva un modo unico di produrre il balsamico, ce ne erano tanti, uno per famiglia tramandati di padre in figlio, ciascuno con i suoi segreti nei mosti da usare, nei legni per l’invecchiamento e nelle pazienti cure durante i lunghi anni di affinamento.
Nei suoi aromi e nel suo gusto l’aceto balsamico concentra e fa vivere gli umori delle sue terre. Racconta la storia della pianure grasse e fertili create milioni di anni fa dai depositi alluvionali del Po, del Panaro, del Secchia, dello Scortico e liberate dall’acqua da secoli di bonifiche e dalla fatica degli scariolanti, che hanno scavato canali, innalzato terrapieni e accumulato argini. Sono terre scure e generose che respirano e vivono di un rapporto profondo con l’acqua e l’umidità dell’aria, dalle abbondanti piogge primaverili, alla pesante afa estiva, fino alla nebbia dei lunghi inverni.
Il “balsamico” chiuso al buoi nelle sue batterie vive di queste atmosfere, le concentra in poche gocce che mentre incantano il palato raccontano l’anima stessa di una terra.
Per cominciare a conoscere l’aceto balsamico tradizionale quindi invitiamo il lettore ad investire alcuni minuti nella lettura delle pagine seguenti riguardo: